L’Accordo di Parigi sulle emissioni inquinanti, unito con il diesel gate, sta per rivoluzionare il mondo del trasporto commerciale. La casa svedese Scania, in parte di proprietà della Volkswagen, ha annunciato l’addio al diesel entro il 2050. Biocarburanti ed elettrificazione sono le alternative.

 

Scania, casa produttrice svedese di veicoli industriali, autocarri, trattori stradali e autobus, fondata nel 1891, ha annunciato attraverso il proprio Presidente e Amministratore Delegato Henrik Henriksson, l’abbandono dei motori diesel entro il 2050. A dare la spinta politica è stato l’accordo del 2015 a seguito della Conferenza di Parigi sulla progressiva riduzione dei cambiamenti climatici e il progressivo innalzamento dell’inquinamento globale. Nel documento conclusivo i 196 paesi partecipanti hanno concordato di ridurre la produzione di diossido di carbonio e di limitare il surriscaldamento complessivo.  Come rettifica di tutto ciò, ogni paese doveva rettificare l’accordo, applicando politiche nazionali incisive e a protezione dell’ambiente. In poche parole, si deve ripensare la mobilità e i combustibili legati ad essi.

 

Henriksson, in una recente dichiarazione, ha espresso un favorevole parere sul cambiamento verso un impatto zero del settore trasporti. Il motivo che spinge questo ragionamento è anche in ambito sociale, visto che si ridurrebbero i casi di malattie croniche e acute legate all’inquinamento prodotto dalle Pm10. Una scelta che da sociale si sposta rapidamente a forme di investimento importanti e forme di business su cui puntare. L’elettrificazione è l’obiettivo ultimo, ma prima ci sono i biocarburanti.

 

Ridurre l’inquinamento passa solo dalla conversione dei motori in biocarburanti? Assolutamente no! Oltre il venti per cento dell’inquinamento può essere abbattuto grazie ad una più efficiente pianificazione delle rotte e gestione dei carichi. Un primo passo anche per un aumento del benessere economico complessivo, dato dalla riduzione dei vuoti nella fase di trasporto e maggior fatturato connesso.

 

Per partire col cambiamento, la prima tappa sono i biocarburanti. Questa tecnologia è già presente e con forme di investimento, per l’adeguamento dell’infrastruttura generale, non eccessive. La tecnologia di produzione di motori per biocarburanti, esiste già, così come quest’ultimi. Resta solo di organizzare il progressivo aumento dei punti di ricarica lungo le tratte stradali, andando a ridurre man mano la presenza di colonnine diesel. Il passo successivo sarà l’elettrificazione, ma questo richiede importanti investimenti a livello di infrastruttura e di perfezionamento della creazione di batterie con lunga autonomia. Posizionare punti di ricarica presso le aree di servizio autostradali, aiuterebbe e faciliterebbe l’avanzata di questa politica di trasporti, attualmente applicata solamente al mercato consumer, a parte qualche sperimentazione o caso isolato. Un progetto, quello dell’elettrico, che porterebbe anche una riduzione di quasi il quaranta per cento delle spese operative, rispetto ai motori endotermici. E dopo l’elettrico? L’idrogeno rinnovabile, ma solo se il costo della tecnologia scende in modo considerevole.

 

Per i prossimi 10-15 anni, assisteremo a detta dell’Amministratore Delegato di Scania, ad un progressivo affiancamento di tecnologie alternative al diesel, nel parco veicoli. Una vera e propria diversificazione tra differenti carburanti con l’obiettivo di un mondo a impatto zero, nel settore automotive. Un settore che, con l’avvento del nuovo governo Salvini-Di Maio si appresta anche a vedere, se verranno rispettati i punti programmatici del governo, ad importanti novità. Primo fra tutti una riduzione delle accise sui carburanti, che negli ultimi anni, hanno fatto aumentare in modo consistente il prezzo alla colonnina. Il prezzo industriale si attesta infatti a poco meno del 40 per cento, contro un 60 di componente fiscale. Attualmente paghiamo ancora le accise per la Guerra d’Etiopa (0.000981 euro), la crisi di Suez del 1956 (0.00723 euro), il disastro del Vajont del 1963 (0.00516 euro), l’alluvione di Firenze del 1966 (0.00516 euro), il terremoto del Belice del 1968 (0.00516 euro), fino ai 2 centesimi per il terremoto in Emilia del 2012. Un totale di diciassette accise che gravano sui consumatori e sui prezzi finali al consumo.

 

Oltre a questo punto, pare che ci siano possibilità di reintroduzioni degli incentivi per l’acquisto di vetture elettriche o ibride a fronte della rottamazione o vendita di automobili alimentate a benzina. Una spinta ad una fetta di mercato che farà sicuramente gola alle case produttrici di automobili che hanno all’interno della propria proposta commerciale, veicoli a impatto zero o con limitate emissioni.

 

Quanto stabilito a Parigi è un accordo sicuramente importante sia per il nostro pianeta, sia per la nostra salute. Ipotizzare l’addio al diesel sembra un aspetto quanto mai concreto, ma per attuare ciò, è doverosa una stretta collaborazione tra istituzioni private e aziende, per dar via al cambiamento ecologico ed economico necessario.


 

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