Dal primo di settembre non è possibile vendere auto non omologate con il nuovo standard di omologazione dei consumi. Non tutte le case automobilistiche sono però in linea con quanto previsto dalla legge.

 

Una volta c’era il NEDC, il Nuovo ciclo di guida europeo, che indicava quale era il consumo delle vetture, secondo alcuni test di laboratorio. Il primo settembre di quest’anno, è stato sostituito dal nuovo WLTP, acronimo di Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedure. Questo nuovo metodo di analisi dei consumi dovrebbe essere più attinente alla realtà e in linea con quanto la vettura effettivamente consuma nella guida di tutti i giorni.

 

Insieme a test complementari su strada denominati RDE (Real Driving Emissions), i moderni standard hanno però creato alcune complicanze alle case produttrici. Non stiamo parlando della tempistica di adeguamento tecnico dei motori, quanto al connesso livello di CO2 che viene rilevato. I singoli stati europei, insieme alla Commissione Europea, hanno infatti fissato stringenti livelli di CO2 che devono essere presenti nell’aria, e in egual misura nelle emissioni dei veicoli a quattro ruote.

 

Ma come mai questa situazione di problematicità legate agli inquinanti dell’aria? Tutto parte da una migliore bontà dei test. Il vecchio metodo NEDC riscontrava valori distanti dal reale utilizzo. Gli appassionati dei motori, sapevano bene come i valori dichiarati non erano in linea con quelli che, una volta effettuato l’acquisto, si sarebbero riscontrati. Di conseguenza, se il WLTP ha valori più alti di consumo, anche la CO2 ha valore più alti, in quanto sono direttamente connessi con i consumi dell’auto.

 

A livello statistico, possiamo dire che l’aumento medio delle emissioni è di circa 9.6 grammi ogni chilometro effettuato. La società di ricerca Jato ha infatti confrontato i vecchi valori dichiarati, con quelli nuovi, osservando un aumento non omogeneo tra le diverse tipologie di vetture. Se infatti le citycar, monovolume medie e suv compatti hanno nuovi valori di CO2 inferiori rispetto al passato, le altre categorie hanno valori superiori. Come dato eloquente, i SUV medi e grandi registrano un aumento del 14 e 16.7 percento.

 

Questo valore medio degli aumenti non è però definitivo, in quanto fino ad ora solo un quinto delle vetture sono state omologate con la moderna procedura. Le case stanno infatti trovando difficoltà nel rispettare i valori di emissioni e di conseguenza c’è da aspettarsi che questo 9.6 subirà un aumento nei prossimi mesi. Come ulteriore problematicità abbiamo il fatto che il mercato sta lentamente virando verso la motorizzazione a benzina, supportata da un motore elettrico. Gli appassionati sanno infatti che il benzina, a differenza del diesel, ha una maggiore produzione di CO2. Va da sè che nei paesi come Francia, Germania e Regno Unito la tassa di possesso è legato al livello di emissioni, la scelta dei consumatori potrebbe virare a esemplari più compatti, con meno emissioni nell’aria, e quindi una spesa minore a livello annuo di tassazione.

 

Esistono multe a riguardo per le case automobilistiche? Assolutamente si. Per ogni grammo che superi il valore di 130, riferito alle emissioni di CO2, la casa automobilistica dovrebbe pagare 95 euro per singola vettura. Considerato che nel 2017 sono state vendute 16 milioni di vetture, va da sè che le multe potrebbero essere davvero molto salate.

 

In conclusione, questa virata del mercato automotive verso un mondo ibrido, a discapito del diesel, sta non poco complicando le case produttrici per questa omologazione. Staremo a vedere se verranno emesse multe salate per quest’ultime. Un passaggio però, l’adeguamento degli standard dei consumi/emissioni, che è doveroso per rispettare la realtà dei fatti.

 

 


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