Auto trasformista, dalle linee pulite e con un’anima che ha attraversato 3 decenni. In meno di 4 metri di lunghezza, ognuno poteva sognare differenti realtà.

 

Base Fiat 124, animo ribelle. Era questo il concetto base che ha conquistato migliaia di persone non solo in Italia. Spider e coupé, quest’ultima con il pianale della 124, erano più corte della progenitrice, anche se molta meccanica era la medesima. Sotto l’attenta guida di Pininfarina, furono commercializzate anche negli Stati Uniti d’America. E non è un caso se il designer per la spider era Tom Tjaarda, nato a Detroit, patria dell’auto per antonomasia.

 

Il successo della 124 fu immediato, tanto da vincere nel 1967, ad appena un anno da commercializzazione il Premio Auto dell’Anno. Fu questo il traino di tutto ciò, con Fiat che decise immediatamente di dare spazio alla creatività dei propri designer e seguire il sentiment dell’epoca.

 

La Sport Spider aveva sotto il cofano un motore quattro cilindri bialbero con cilindrata di 1438 centimetri cubici. Il carburatore era doppio corpo, con un comando della distribuzione a cinghia dentata in gomma. Era qualcosa che non si era mai visto negli anni 60, e a beneficiare erano sicuramente le prestazioni. Si potevano infatti sprigionare 90 cavalli a 6500 giri motore, con una velocità dichiarata di 170 km/h. Il retrotreno era a ponte rigido, con due coppie di puntoni longitudinali, proprio per migliorare la precisione di guida. In più, il servofreno era di serie.

 

Il successo fu totale, e di serie prodotte ne risultano 3, tra il 1966 e 1985. A favorire questo exploit, un grosso merito va indubbiamente alla politica di prezzo. Fiat, da sempre attenta a realizzare vetture di massa, con la 124 Sport Spider, realizzò la vettura più economica con motore bialbero, 4 freni a disco, tergicristallo ad intermittenza, cambio manuale a cinque rapporti e pneumatici radiali. Una 2+2, non una vera 4 posti, per non andare a inficiare la linea. Con gli anni il motore della Sport Spider venne modificato con un 1800 centimetri cubici con un doppio corpo, usato dalla Fiat 132.

 

Un successo che, come dicevamo, è arrivato anche dall’altra parte dell’oceano. Ma come si dice “paese che vai, usanza che trovi”, per la commercializzazione è stato necessario andare a modificare leggermente la linea stilistica. In primis, per ottenere l’omologazione, furono aggiunti paraurti più grandi e sporgenti con particolari strutture capaci di assorbire gli urti. Nella parte laterale furono aggiunti dispositivi luminosi e i gruppi ottici posteriori furono aumentati nelle dimensioni. Anche il motore si è dovuto adattare alle richieste oltreoceano, con un 2 litri, che non aveva spinterogeno e carburatore, ma un sistema ad iniezione ed accensione elettronica.

 

Successo in europa, sdoganato negli USA e riportato in un secondo momento in Europa. Mentre andava a gonfie vele l’esperienza rally della 124 “base”, Pininfarina pensò bene di andare ad apportare alcune importanti modifiche. L’eleganza originaria fu riportata in auge, andando ad eliminare i paraurti maggiorati e le luci laterali. Inoltre i mini sedili posteriori furono eliminati, portando la vettura ad una 2 posti secchi. Il motore rimase quello con 105 cavalli, spingendo ora la vettura oltre i 180 km/h.

 

Passato qualche anno, anche gli automobilisti europei chiesero più potenza in termini di cavalli. Arrivò nel 1982 la versione Volumex, con un compressore volumetrico a marchio Abarth da 136 cavalli, per una velocità dichiarata di oltre 200 km/h.

 

 

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