Pensare in grande a volte è fondamentale per costruire nuovi successi. Nicolas Hayek, imprenditore svizzero fautore del successo della Swatch, è uno dei due padri pensatori della piccola city car a due posti che ha spopolato in ogni angolo del mondo. Acquistata per praticità e facilità di utilizzo in città, ha avuto una nascita che è tutta da raccontare.

 

Dici “Smart” nel mondo automotive e tutti sanno a che auto stai pensando, la biposto, corta come una moto, personalizzabile in colori e allestimenti. Nata per trasportare due persone, ha visto poi varie versioni. La sua nascita non è stata immediata come si potrebbe pensare, visto il successo che ha riscosso. Diverse case automobilistiche hanno rifiutato infatti il progetto iniziale di un imprenditore di successo come Nicolas Hayek, fondatore e amministratore delegato del Gruppo Swatch.

 

Sembrerà impossibile pensarlo, ma alla base della Smart, c’è lo Swatch. Proprio così, lo storico orologio analogico che sfidò con successo i colossi dell’elettronica tra gli anni settanta e ottanta. L’idea di questi orologi, che ottennero un successo strepitoso, era semplice: colori, economicità, varietà infinita di grafiche. In poche parole, il cliente poteva avere quasi un orologio su misura, senza spendere un’esagerazione. I ragazzi dell’epoca furono stregati da questa politica commerciale e a metà degli anni ottanta, chi non possedeva uno Swatch era più unico che raro.

 

Cavalcando l’onda del successo, l’imprenditore libanese Hayek, pensò di applicare la stessa politica al settore automotive. Aveva in mente un auto piccola, dai colori vivaci e personalizzabile, alimentata possibilmente con batterie come faceva con i propri orologi. Come primo contatto, decise di rivolgersi al gruppo tedesco Volkswagen. Inizialmente i vertici risposero positivamente, ipotizzando una collaborazione al 50 per cento con Mr. Swatch, ma quando nel 1991 arrivò Ferdinand Piech a capo della VW, il progetto fu rifiutato, visto che non convinceva Piech sul fatto di trasportare solo due persone. Il gruppo di Wolfsburg produsse in seguito (dal 1998 al 2005) la Lupo, il cui successo non può essere minimamente paragonato a quello della Smart.

 

Hayek non si perse d’animo e continuò a cercare, nonostante il rifiuto di altre importanti case automobilistiche come BMW, Fiat, General Motors e Renault. La persona di svolta fu Werner Niefer di Daimler, anche grazie al già presente progetto a Stoccarda di creare una city car dalle dimensioni molto ridotte. Il nome del progetto che Daimler stava portando avanti era MCC, ovvero “Micro Compact Car”. In pratica una Smart.

 

Da questo incontro, iniziò la collaborazione tra l’imprenditore libanese e la casa tedesca. Iniziarono a perfezionarsi i prototipi, fino ad arrivare alla creazione di una società ad hoc, la Micro Compact Car AG, con sede in Svizzera, le cui quote di proprietà erano al 49% di Hayek  ed al 51& di Daimler. I primi concept presentati alla stampa si chiamavano Eco-Sprinter ed Eco-Speedster. L’idea dell’elettrico fu accantonata, per ovvi motivi di costo, ma l’idea di realizzare un’auto compatta e maneggevole per il traffico cittadino fu sviluppato completamente. La lunghezza dei veicoli era di 250 centimetri, i colori erano vivaci e lo stile della presentazione, molto pop, attirò la curiosità di tutto il mondo.

 

Il progetto continuò con anni di perfezionamento stilistico. La scelta del nome non fu semplice. Se Hayek spingeva per chiamarla Swatch Car, dalla parte Daimler non erano completamente d’accordo. Il punto di incontro si trovò in Smart, sintesi perfetta dell’acronimo “Swatch Mercedes Art.”

 

La prima Smart presentata al pubblico, fu in occasione delle Olimpiadi di Atlanta 1996 e del Salone dell’auto di Parigi, sempre del 1996. Il successo fu strepitoso e tutto il mondo iniziò a interessarsi seriamente a questo nuovo concetto di mobilità facile e divertente. A pochi giorni dal debutto sulle strade, ci fù però un avvenimento che moltissimi ricorderanno, ovvero il ribaltamento della Mercedes classe A e della Smart, nel test dell’Alce. Questo non frenò però l’entusiasmo degli interessati e, dopo un cambio d’obbligo nei ruoli di responsabilità tecnica, la Smart fu perfezionata e commercializzata nel mercato.

 

Il primo anno di vendite, il 1997, registrò ben 160.000 vetture vendute. Queste vetture però non avevano più come padre Hayek, il quale lasciò la propria quota societaria nel momento dei perfezionamenti post-incidente dell’alce. Furono infatti necessari notevoli investimenti economici, che spinsero Hayek a vendere a Daimler le proprie quote. Una scelta che in quel momento sarebbe stata largamente condivisa da molti, ma visto il successo strepitoso che ebbe Smart negli anni seguenti, forse Hayek non avrebbe fatto.

 

Il resto è storia nota. Prima una versione due posti, poi le altre. Cabrio, quattro posti, una carline ribassata coupè e cabrio. E per gli sportivi le versioni Brabus, per dar filo da torcere ad auto più grosse in dimensioni e nome.

 

Il sogno dell’elettrico arrivò nel 2009, con la prima Smart elettrica. L’anno seguente Hayek  morì, vedendo quindi realizzato il suo sogno: un’auto personalizzabile, colorata e spinta dalle batterie. Un sogno che cambiò la vita di molti, dando un tocco di colore e simpatia alle nostre strade.

 

Credit photo Mercedes media press