Nata nel 1987, con il passare degli anni è diventata un punto di riferimento per il mercato trattori. I modelli attuali sono più potenti di quelli iniziali, ma la forza di traino è stata sempre un punto fermo nella progettazione e realizzazione di questi mezzi. 

Eravamo alla fine degli anni ‘80 e l’azienda statunitense CaseIH, con sede a Racine (Wisconsin), introdusse sul mercato una serie destinata a durare per oltre tre decenni. Stiamo parlando dei Magnum, da sempre chiamati a duellare con altri colossi come John Deere. I fondatori della Case IH non erano proprio nuovi a questo settore, in quanto l’azienda nasceva dalla fusione tra la J.I. Case Company e la divisione agricola dell’International Company. La prima fondava le sue notti addirittura nel 1842, con i primi trattori a vapore e trebbiatrici, mentre la seconda nacque nel 1902 dalla fusione a sua volta della McCormick Harvesting Machine Company e la Deering Harvester Company. In una storia di fusioni e acquisizioni, ha trovato quindi i natali un’azienda che ora è tra i top player a livello mondiale per la produzione di trattori. 

7110, 7120, 7130 e 7140 sono rispettivamente i modelli che furono introdotti a partire da fine anni ‘80 con potenze che partivano dai 155 cavalli, fino ai 230 del modello 7140. Era principalmente una lotta commerciale, quella a cui erano chiamati ad espletare, e per questo furono anche create 4 livelli di potenza. Il principale sfidante era la John Deere con i 4255, 4455, 4755 e 4955, la cui potenza era leggermente inferiore nelle rispettive fasce di potenza, dai 144 cv a 228 cv. Erano infatti queste due le aziende che si dividevano il mercato nella fascia 190-230 cv, mentre i concorrenti non mancavano nel diminuire di potenza, come i Ford TW25, Fiatagri 160-90, Fendt 614, Steyr Ursus 1614. 

Case IH decise di entrare in questo mercato over, con motorizzazioni over rispetto al benchmark di mercato. Si parlava infatti di cilindrate come un 8.300, contro i normali 7.600, ma anche la massa andava di pari passo con oltre valori che si aggiravano tra i 7.5 e 8 tonnellate. All’inizio la sfida alla capacità di sollevamento era vinta chiaramente da John Deere, ma questo si ridusse con il passare degli anni. Anche la trasmissione era oggetto di dubbi, per via di rumori importanti, ma che non hanno mai dato oggetto a problemi di vario tipo. 

Quello che la tecnologia oggi ci offre è un trattore assolutamente prestazionale da ogni punto di vista. Il comfort oggi è pressoché totale, anche grazie agli specchi grandangolari a snodo per una visione totale del rimorchio, e ai comodi comandi che sono disposti su una console moderna come la ICP. Le informazioni sono infatti subito individuabili e il monitor AFS Pro 700 fornisce tutti i dati relativi al trattore, oltre che al rimorchio. La visibilità è garantita dalle luci a led che sono presenti su tutto il perimetro del mezzo, non solo anteriormente. Sotto il cofano il sei cilindri è stato ottimizzato per prestazioni al top, con un consumo di carburante non eccessivo, in modo efficiente, ovviamente conforme agli standard Stage iV per quel che riguarda le emissioni inquinanti nell’aria. Parte fondamentale del motore è ovviamente il cambio, il quale, con trasmissione Full Powershift, rende il lavoro molto più fluido. La progressione da 0 a 40 km/h che rimane continua, da una tranquillità lavorativa di qualità superiore. Con i recenti progressi tecnologici, anche le lavorazioni a basse velocità sono rese ottimali, grazie al superriduttore 5 AV + 2 RM, ottenibile come optional in fase di acquisto. Senza dimenticarci dove sta andando la moderna agricoltura, ovvero la guida automatica. Un’ottimizzazione della guida permette infatti, grazie all’utilizzo di sofisticati sistemi di controllo gps, la lavorazione del terreno una sola volta, senza ripassare sullo stesso punto, a meno che la stretta volontà del coltivatore.